Il direttore dell’ “Osservatore Romano” ha incontrato gli studenti di giornalismo e ha parlato del suo giornale
Non è difficile che un giornalista parli del suo editore, ma quando l’editore in questione è il Papa, l’interesse di chi lo ascolta può essere maggiore. Durante l’incontro che gli studenti di giornalismo hanno avuto con il direttore dell’Osservatore Romano, Gianmaria Vian, il 28 maggio, nella sala “Accademia Peloritana dei Pericolanti” dell’Università di Messina, è emersa un’innegabile voglia di curiosare in una realtà, quella della santa sede, che, per quanto impregnata di antiche tradizioni, riceve ogni giorno l’attenzione dei media ed è, pertanto, in costante evoluzione. La lettura di questo mondo è avvenuta sfogliando le pagine dell’Osservatore Romano, l’organo di stampa ufficiale della Santa Sede; Vian si è soffermato a spiegare le caratteristiche del suo giornale, gli argomenti a cui in genere viene riservata maggiore attenzione, l’impaginazione, l’impostazione grafica.
Su quest’ ultimo aspetto il direttore si pronuncia in maniera chiara: «Al momento in Italia è il giornale con la grafica più elegante»; un pizzico di sano orgoglio, dietro quella sua personale decisione di cambiare la struttura grafica per rendere il quotidiano più aperto al pubblico, più comunicativo.
Parla di sé, racconta le sue esperienze: laureato in storia del cristianesimo, insegna filologia patristica alla Sapienza (al momento in aspettativa), ma ha sempre nutrito un grande amore per la scrittura, una passione coltivata fin dai tempi del liceo e maturata negli anni attraverso le collaborazione con L’Avvenire, Il Foglio, Il Giornale di Brescia e riviste di diverso genere. Tutte esperienze che hanno contribuito a farlo diventare giornalista pubblicista.
Due mestieri diversi quello del professore e del giornalista, ma che nel caso di Vian sono stati entrambi significativi, in quanto hanno inciso a tal punto nella sua formazione, da aver creato in lui una personalità culturale ambivalente.
Un giornalista si, ma, in fondo, sempre legato al suo ruolo di professore, fedele a quella dedizione accademica che ti induce a rispettare una scaletta, ad analizzare gli argomenti uno per volta, punto per punto, affinché il messaggio sia chiaro e comprensibile.
Il suo essere docente traspare ancora di più quando, parlando della mancata visita del Papa alla Sapienza, esprime tutto il suo sconforto e la sua indignazione per un episodio grave, dove protagonista è stata proprio l’università in cui insegna. Dall’Università si passa di nuovo a parlare dell’Osservatore Romano: «Siamo un giornale di idee, sottolinea, cerchiamo di avere titoli sobri, poche foto, ma scelte bene». Ci tiene a ribadire che si tratta di un quotidiano politico-religioso; non a caso “politico” prima che “religioso”, organo di informazione laico, in cui la politica viene interpretata come osservazione della realtà.
Ma quali sono i requisiti per poter essere un redattore dell’Osservatore Romano? Essere bravi, dice con fermezza, e citando il caso di una ragazza da lui assunta di recente, afferma: «Non me l’ha raccomandata nessuno». Poi un sorriso: «Noi pero… al momento siamo pieni. Il mondo dell’informazione è complesso ma voi andate avanti e non scoraggiatevi».
Valeria Arena