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Vian: “Il mio un giornale di idee” Maggio 30, 2008

Filed under: locali — riarene @ 10:09 am
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Il direttore dell’ “Osservatore Romano” ha incontrato gli studenti di giornalismo e ha parlato del suo giornale

Non è difficile che un giornalista parli del suo editore, ma quando l’editore in questione è il Papa, l’interesse di chi lo ascolta può essere maggiore. Durante l’incontro che gli studenti di giornalismo hanno avuto con il direttore dell’Osservatore Romano, Gianmaria Vian, il 28 maggio, nella sala “Accademia Peloritana dei Pericolanti” dell’Università di Messina, è emersa un’innegabile voglia di curiosare in una realtà, quella della santa sede, che, per quanto impregnata di antiche tradizioni, riceve ogni giorno l’attenzione dei media ed è, pertanto, in costante evoluzione. La lettura di questo mondo è avvenuta sfogliando le pagine dell’Osservatore Romano, l’organo di stampa ufficiale della Santa Sede; Vian si è soffermato a spiegare le caratteristiche del suo giornale, gli argomenti a cui in genere viene riservata maggiore attenzione, l’impaginazione, l’impostazione grafica.
Su quest’ ultimo aspetto il direttore si pronuncia in maniera chiara: «Al momento in Italia è il giornale con la grafica più elegante»; un pizzico di sano orgoglio, dietro quella sua personale decisione di cambiare la struttura grafica per rendere il quotidiano più aperto al pubblico, più comunicativo.
Parla di sé, racconta le sue esperienze: laureato in storia del cristianesimo, insegna filologia patristica alla Sapienza (al momento in aspettativa), ma ha sempre nutrito un grande amore per la scrittura, una passione coltivata fin dai tempi del liceo e maturata negli anni attraverso le collaborazione con L’Avvenire, Il Foglio, Il Giornale di Brescia e riviste di diverso genere. Tutte esperienze che hanno contribuito a farlo diventare giornalista pubblicista.
Due mestieri diversi quello del professore e del giornalista, ma che nel caso di Vian sono stati entrambi significativi, in quanto hanno inciso a tal punto nella sua formazione, da aver creato in lui una personalità culturale ambivalente.
Un giornalista si, ma, in fondo, sempre legato al suo ruolo di professore, fedele a quella dedizione accademica che ti induce a rispettare una scaletta, ad analizzare gli argomenti uno per volta, punto per punto, affinché il messaggio sia chiaro e comprensibile.
Il suo essere docente traspare ancora di più quando, parlando della mancata visita del Papa alla Sapienza, esprime tutto il suo sconforto e la sua indignazione per un episodio grave, dove protagonista è stata proprio l’università in cui insegna. Dall’Università si passa di nuovo a parlare dell’Osservatore Romano: «Siamo un giornale di idee, sottolinea, cerchiamo di avere titoli sobri, poche foto, ma scelte bene». Ci tiene a ribadire che si tratta di un quotidiano politico-religioso; non a caso “politico” prima che “religioso”, organo di informazione laico, in cui la politica viene interpretata come osservazione della realtà.
Ma quali sono i requisiti per poter essere un redattore dell’Osservatore Romano? Essere bravi, dice con fermezza, e citando il caso di una ragazza da lui assunta di recente, afferma: «Non me l’ha raccomandata nessuno». Poi un sorriso: «Noi pero… al momento siamo pieni. Il mondo dell’informazione è complesso ma voi andate avanti e non scoraggiatevi».

Valeria Arena

 

Vita da prefetto Maggio 25, 2008

Filed under: locali — riarene @ 8:41 PM
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Vi racconto la vita di un prefetto. Poteva essere questo, il titolo del confronto che il prefetto di Messina, Francesco Alecci, ha avuto con gli studenti di giornalismo il 7 maggio nell’aula dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti.

Considerato da molti lavoratori messinesi un punto di riferimento importante e quasi un super man – per tutte le cause che si premura di portare avanti -, anche questa volta Alecci non ha mancato le attese e ha saputo tirar fuori tutto il suo carisma.

Un entusiasmo apparso quasi triplicato di fronte a una platea giovane, di certo perché il messaggio da trasmettere meritava una buona dose di immediatezza e incisività.

Per lavorare bene – ha detto Alecci – occorre chiarezza; da qui il richiamo al suo ufficio, la prefettura; un organismo che deve essere sempre presente sul territorio e trasparente in ogni sua azione.

Catanese di nascita, non ha perso occasione per far emergere questo suo orgoglio, tutto siciliano, che lo rende ancora più vicino a Messina: “la nostra città”, come l’ha definita alla fine dell’incontro.

Messina e i suoi problemi, tanti, troppi, su cui pesano le colpe di amministrazioni inefficienti e di cittadini poco esigenti. Perché se ci sarà sempre qualcuno che sceglie volutamente di gettare la spazzatura quando non si dovrebbe, allora non ha alcun senso lottare per salvaguardare l’ambiente. È alla cultura della legalità che bisogna prestare attenzione.

Un amore, quello di Alecci per questa terra, amplificato dalla presenza della sua famiglia: la moglie e i due figli vivono a Siracusa. È proprio mentre parla dei figli che comincia a raccontare di sé in modo semplice e naturale: il più grande, 26 anni, avuto dalla prima moglie, sta a Verona e vive con la madre, quello di 5 lo considera già grandetto e poi c’è la bimba… che ha solo un anno e adora tenere tra le braccia.

L’Italia il prefetto la conosce bene, lui, che per lavoro ha girato in lungo e largo – da Livorno a Verona, da Napoli a Siracusa, da Taranto fino a Messina –, ribadisce quanto di positivo vi possa essere nella scoperta di posti nuovi: ciascuno con i suoi problemi da affrontare, ma anche con le sue bellezze da scoprire e valorizzare.

Perché se esaltare le proprie origini può essere stimolante per far bene – specie dove c’è tanto da fare – è pur vero che spesso è la vita che ti porta a conoscere nuove realtà: regioni diverse, altre città, persone con culture differenti. Tutto ciò può essere solo utile, perché crea delle straordinarie opportunità di crescita. Questo un altro dei messaggi che Alecci ha voluto lanciare nel suo intervento, parole di un certo peso, perché dette a ragazzi che ancora non riescono vedere dove sarà il loro futuro. L’aspetto più significativo delle sue parole? L’accurata discrezione con cui sono state pronunciate; quella di chi non ha la presunzione di sapere cosa sia giusto o sbagliato, quella di chi non vuole usare frasi fatte macchiate di retorica come altri sono soliti fare. Forse perché, meglio di altri, ha imparato a capire che i giovani sono stanchi della retorica e sono esausti di fronte a chi pretende di dar loro consigli, il più delle volte sbagliati.

Valeria Arena